Viviamo in un'epoca in
cui la qualità e la durata della vita sono migliorate notevolmente
rispetto ai secoli scorsi. Questo sicuramente è frutto della
migliore alimentazione e del progredire della scienza medica e della
tecnologia. Però nella nostra società si tende a medicalizzare
ogni aspetto della vita sentendosi ammalati anche quando non lo si è
realmente. Un tempo molte esperienze fisiche ed emotive spiacevoli
erano considerate normali e non etichettate come malattie vere e
proprie. Si nasceva e moriva a casa, se si era tristi non
necessariamente si doveva essere depressi e non tutti i bambini che
avevano difficoltà di lettura erano dislessici.
Oggi, a differenza dei
tempi passati, la medicina non è soltanto curativa ma è anche
preventiva. Attualmente grazie agli screening genetici è possibile
conoscere il rischio di sviluppare un determinato tipo di carcinoma,
questo metodo diagnostico che si basa sullo studio del DNA, ha creato
un nuovo tipo di medicina, detta predittiva, che se da un lato
costituisce il raggiungimento di un importante traguardo dall'altro
espone al rischio di una eccessiva medicalizzazione. Inoltre, allo
stato attuale, la medicina predittiva è una medicina di elite alla
quale accedono star come Angelina Jolie e non tutti i cittadini
assistiti dal sistema sanitario nazionale.
In una situazione in cui
facilmente si viene etichettati come pazienti e si fanno progressi
che non sono per tutti, non è infrequente sentirsi infelici,
vulnerabili ed ansiosi, è probabile che ci si senta malati anche
quando realmente non lo si è. E' fondamentale allora saper
distinguere tra disturbi importanti e sintomi lievi e transitori.
Occorre trovare il giusto equilibrio tra il ricorso alla scienza
medica , l'accettazione di alcune situazioni, anche se spiacevoli o
dolorose, e l'automedicazione che per molti è sinonimo, oltre che di
farmaci da banco, di fitoterapia.
Fin dalla preistoria
l'uomo ha capito che la natura è fonte di sostanze con proprietà
curative. I primi usi veri e propri dei principi curativi naturali si
fanno risalire a 10000 anni fa quando le cure avvenivano in maniera
empirica e si praticavano attraverso rituali mistici e religiosi. E'
con la cultura greca che la secolarizzazione della medicina ha il suo
culmine e si elimina il legame profondo tra utilizzo di sostanze
curative e religione. Teofrasto, filosofo presocratico e successore
di Aristotele, scrive il primo trattato di botanica farmaceutica ed è
Ippocrate (460-377 a.C.) a classificare circa 300 tipi di piante
medicinali consigliandone il modo d'impiego e influenzando tutto il
mondo romano ed il medio evo. Con la caduta dell'impero romano la
conoscenza della fitoterapia viene conservata nei monasteri e,
parallelamente, si sviluppa nel mondo arabo, dove nasce l'alchimia
che precede la chimica moderna. Nel 1500 Paracelsio affronta studi di
chimica concentrandosi sui principi attivi delle piante. Attualmente
la fitoterapia è considerata una medicina alternativa o
complementare nella maggior parte degli stati membri della UE e negli
Stati Uniti, anche se alcune piante sono riconosciute ed utilizzate
anche nella medicina scientifica tradizionale. Normativamente i
fitoterapici hanno molte diverse collocazioni, secondo la finalità
d'uso, la modalità di registrazione e di immissione in commercio, di
conseguenza i prodotti vegetali possono seguire la normativa del
farmaco o quella dell'integratore. La normativa 2004/24/CE norma quei
prodotti che hanno in Europa una lunga tradizione di utilizzo e su
cui si hanno sufficienti dati di efficacia e sicurezza; tale norma
permette la registrazione semplificata di farmaci vegetali
tradizionali.
Non è facile essere
oggettivi nella valutazione dei sintomi, il rischio è di eccedere
nel ricorso alla scienza medica o di avventurarsi
nell'automedicazione senza essere pienamente consapevoli del fatto
che anche i principi contenuti nelle piante, come i farmaci, hanno le
loro controindicazioni. Alcune regole generali possono essere
d'aiuto: dei sintomi occorre sempre valutare l'intensità e la
durata, occorre riuscire a mantenere una certa serenità e riflettere
sulla possibilità di aver già esperito una situazione dello stesso
genere, bisogna distinguere se ciò che si prova fa parte delle
comuni, anche se spiacevoli, esperienze di vita o se si tratta di una
effettiva patologia. La medicina oggi può molto ma non deve farci
sentire ammalati se non lo siamo.