Il diabete in Italia e
nel resto del mondo è una patologia in crescita. Secondo i dati
dell'annuario ISTAT 2010, in Italia è diabetico il 4,9 per cento
della popolazione pari circa a 2960000 persone.
Il diabete è una
malattia cronica che ha risvolti negativi sula qualità della vita
lavorativa e sociale di chi ne è affetto. I costi della cura della
malattia ammontano a 2738 euro l'anno per paziente.
La cura del diabete è
cambiata nel tempo. Alla terapia insulinica sono stati aggiunti altri
farmaci in grado di limitare le complicanze. In Italia esiste da 5
anni una nuova classe di farmaci che presenta importanti vantaggi per
alcuni tipi di diabetici, le incretine. Questi farmaci vengono
dispensati previo rilascio di piano terapeutico del diabetologo a
scadenza semestrale o annuale.
Il piano terapeutico è
stato previsto poiché esiste un tetto di spesa per i farmaci
innovativi, questo purtroppo limita l'utilizzo di tali farmaci per
altri potenziali pazienti.
La condizione clinica e
sociale del diabetico in Italia è tutelata dalla legge115 del
16/03/1987 la cui attuazione è affidata alle Regioni attraverso i
piani sanitari regionali. In ciò risiede la disomogeneità delle
cure al paziente diabetico nelle diverse località italiane.
Tra i presidi forniti dal
Servizio Sanitario Nazionale vi sono le striscette reattive per la
misurazione della glicemia. In alcune Regioni il numero di striscette
è congruo alle esigenze del paziente in altre Regioni non lo è per
mancanza di fondi.
Il risparmio è possibile
ma occorre incentivare la prevenzione, per la quale rimane
fondamentale promuovere una corretta educazione alimentare, e cercare
di ridurre le complicanze della malattia.
Il diabete, come tutte le
malattie croniche, presenta importanti implicazioni psicologiche.
L'adattamento del paziente alla sua malattia influenza profondamente
la sua modalità di partecipazione al trattamento terapeutico. La
scarsa aderenza alla terapia può essere una manifestazione di un
disagio psichico. A volte i pazienti usano come meccanismo di difesa
la negazione per proteggersi dallo “shock della diagnosi”
tentando così di ridurre lo stress legato alla malattia. Se la
negazione persiste si può tramutare in una mancanza di compliance
per il trattamento farmacologico, il regime alimentare ed i controlli
diagnostici aumentando il rischio di comparsa di complicanze.

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